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Svolta autoritaria

28 Luglio 2014 da Emilio Conti

Alcuni giorni fa, su FB, in risposta a un commento del nostro Fraschini che non si capacitava del modo con cui la cosiddetta “stampa libera” trattava l’assoluzione di B. e che si concludeva con la domanda “Cosa è cambiato? Pregiudicato era e pregiudicato rimane”, ribattevo, con una battuta che troppo battuta non era, che era cambiato che adesso “sta facendo un colpo di stato con il toscano”. Alludevo, come è piuttosto intuibile, alla “riforma” della Costituzione. Ovviamente la battuta era piuttosto pesante, ma se di vero e proprio colpo si stato non si può parlare, volevo alludere alla svolta autoritaria che il combinato disposto tra riforma della legge elettorale e le modifiche di parti della Costituzione provocherebbero alla nostra democrazia.

Si è aperto, ma era facile prevederlo, un bel dibattito dal quale ho intuito che ben pochi, vuoi per ignoranza della materia vuoi per la disinformazione a cui il cittadino è sottoposto dalla cosiddetta “stampa libera”, hanno intuito le conseguenze che le cosiddette “riforme” provocherebbero se approvate così come le conosciamo. Mi sono, quindi, riproposto di spiegare il motivo del mio giudizio. Solo che essendo la materia piuttosto complessa, non riuscivo a farne una sintesi adatta alla pubblicazione sul blog. Fortunatamente, qualche giorno fa, mi è capitato tra le mani un articolo, in forma di lettera indirizzata alla Ministro (Boschi) dello storico Aldo Giannuli che ben sintetizza quanto avrei voluto esporre. Ne ripropongo un ampio stralcio sperando di rendere maggiormente consapevoli i cittadini italiani. Buona lettura.

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Il rischio insito in questa riforma è lo smantellamento delle misure a protezione della Costituzione valute dai costituenti: il sistema elettorale proporzionale (sottinteso dal testo), il bicameralismo perfetto con la diversa base elettorale delle due Camere, l’integrazione del collegio elettorale per il presidente della Repubblica con i rappresentanti regionali, l’istituzione di un giudice di legittimità costituzionale, le maggioranze richieste sia per l’elezione del Presidente quanto dei giudici della,Consulta, nonché per il processo di revisione costituzionale costituivano un insieme organico di norme a tutela dei meccanismi di controllo e garanzia della Repubblica. E questo per evitare il rischio di concentrare il potere nelle mani di un solo partito da cui sarebbe nato un regime.
Da circa venti anni è iniziato un processo di “mutamento costituzionale a rate” che ha finito per smantellare quell’accorta architettura. Di fatto, è con il passaggio dal proporzionale al maggioritario che è venuta meno la principale garanzia. Nel ventennio appena trascorso è passato il costume, sconosciuto in passato, delle riforme Costituzionali unilaterali, decise dalla sola maggioranza. In nessun sistema basato su una legge elettorale maggioritaria, il processo di revisione costituzionale è totalmente affidato al Parlamento, ma si prevede l’intervento del Capo dello Stato, o dell’equivalente della Consulta o del referendum popolare.

Ora, la riforma in corso di discussione, travolge anche questi residui paletti, lasciando solo quello, tenuissimo, della prassi costituzionale. Con la riduzione del Senato a 95 membri, il Parlamento in seduta comune passa da 1008 membri (più gli ex Presidente) a 725, per cui la maggioranza assoluta dei votanti scende da 505 a 363 voti. Considerando che l’Italicum prevede un premio elettorale di 354 seggi per il vincitore, si ricava che bastino solo 9 senatori per assicurare al partito di governo il potere di eleggere da solo tanto il presidente della Repubblica quanto i giudici costituzionali. Il Capo dello Stato, a sua volta, ha il potere di nominare altri 5 giudici che garantirebbero una maggioranza precostituita nella Corte dei giudici di ispirazione governativa. Con la stessa maggioranza potrebbe essere messo in stato d’accusa il Presidente che, quindi, si troverebbe a dipendere totalmente dalla maggioranza, perdendo la sia terzietà. La stessa nomina dei senatori non più a vita, ma per sette anni (come il mandato presidenziale) li configurerebbe come una sorta di “gruppo parlamentare del Presidente” da affiancare alla maggioranza.

Certo, le leggi costituzionali dovrebbero comunque passare al vaglio del Senato, che potrebbe avere un colore diverso da quello della Camera. Ma rimane il carattere “iper maggioritario” del nuovo Senato: eletto a maggioranza dalle assemblee regionali, a loro volta elette con il maggioritario. Questo significa la quasi totale esclusione delle formazioni minori e la spartizione quasi a metà del rimanente dei seggi fra i due principali partiti (o coalizioni), ma quello di governo potrebbe giocare in più la carta dei 5 senatori di nomina presidenziale. Di fatto, chi vincesse le elezioni avrebbe il potere di mettere mano a piacimento alla Costituzione e, dove non vi riuscisse in sede parlamentare, potrebbe poi sempre contare su una compiacente interpretazione di una Corte Costituzionale addomesticata. Questo processo di revisione costituzionale, inoltre, è condotto da un Parlamento che ha un vizio di rappresentatività dichiarato dalla Consulta.
Fra le democrazie liberali, non mancano assemblee senatoriali non elettive, ma espressione di poteri locali o nomine del Capo dello Stato, ma in nessun caso il Senato ha poteri in materia di leggi costituzionali, ed è il prodotto di una doppia selezione maggioritaria, che ne riduce enormemente la rappresentatività.

In definitiva avremmo un Parlamento composto da una Camera di nominati e un Senato di eletti di secondo grado con doppia selezione maggioritaria, dal quale dipenderebbero quasi totalmente tutti gli organi di controllo e garanzia e il processo di revisione costituzionale: si tratterebbe di una situazione piuttosto anomala nel quadro delle democrazie liberali.1

  1. Le sottolineature e i grassetti sono miei []

Una coincidenza è una coincidenza, due …

21 Luglio 2014 da bsìa

Qualcuno pensava di esserselo tolto dai coglioni? Uno a caso: il boss di questo blog! 😆 E invece eccolo ancora qui a frantumarci i coglioni con le sue solite fregnacce. Sulla stampa locale, infatti, eccolo “disquisire” a proposito dell’eccezionale ondata di furti (???) e vandalismi (???) che “colpirebbero” il suo ex-reame.1 Furti? L’unico di cui abbia ricordo è quello dell’intelligenza di molti compaesani. Vandalismi? Sì, parecchi! Basta guardare com’è stato ridotto il paesello, ma, forse, per quelli i responsabili sono facilmente individuabili, uno in particolare.

Ma torniamo a noi! Contro questa PRESUNTA ondata di criminalità, il nostro vuole mettere videocamere in ogni angolo, perché, ahi noi, la polizia locale sarebbe oberata di lavoro e non potrebbe controllare adeguatamente il territorio. 🙄 Infatti, quella nebbiolina che vedete diffusa nella bassa è dovuta al sudore grondante dalle loro fronti. Tanto per cambiare, però, il nostro afferma che le videocamere andrebbero installate anche al cimitero. Poffarbacco, ma il cimitero non era già provvisto di strepitose telecamere? 🙄 Tanto utili che qualche anno fa permisero ai ladri di far man bassa del rame delle grondaie (e non solo). Ah, ecco! Quelle sono sorpassate, adesso occorre investire in nuove tecnologie. 👿

Quello che però mi ha colpito maggiormente, ed è già la seconda volta, e come diceva una nota giallista: “una coincidenza è una coincidenza, due sono un indizio e tre una prova”, è che il nostro “eroe” viene ancora indicato, dall’articolista, come VICE SINDACO!! E NON come assessore al bilancio.

C’è qualcuno disposto a svelare l’arcano? Oppure ci troviamo di fronte a un clamoroso voltafaccia? Aspetto con ansia!

  1. Furti e boom vandalismi – Arrivano le videocamere” – La Provincia PAVESE – 20.07.2014 – pag. 14 []

Sei povero? Calma, la riforma del Senato è quasi pronta

18 Luglio 2014 da Emilio Conti

di Alessandro Robecchi – www.alessandrorobecchi.it

Chissà come sono contenti della riforma del Senato i sei milioni e ventimila poveri assoluti d’Italia, aumentati nell’ultimo anno di un milione e 206 mila unità. E chissà come sono entusiasti del nuovo corso i dieci milioni di poveri “relativi”, e come gongolano vedendo che le priorità di chi li governa riguardano il castigo per i senatori dissidenti, le mediazioni di Calderoli e il patto del Nazareno. Faranno la òla, altroché, di fronte al nuovo che avanza. Per ora il “nuovo” è che loro aumentano a ritmo spaventoso, e un altro “nuovo” è che la povertà – anche quella assoluta – riguarda anche gente che lavora. Come dire che il disagio e l’indigenza non sono più (da un bel pezzo) faccende di marginalità, ma componenti strutturali del paese (il dieci per cento di poveri assoluti, quasi il quindici per cento di poveri relativi), componenti strutturali a cui si presentano priorità come “governabilità”, “stabilità”, e non, come si sarebbe detto un tempo, pane e lavoro.
I dati Istat diffusi ieri, come spesso fanno i numeri, specie se spaventosi, fanno un po’ di giustizia di tanti discorsetti teorici. Uno su tutti: l’eterna, noiosissima, stucchevole diatriba su destra e sinistra. Categorie vecchie: ora va di moda il sopra e sotto, il di fianco, l’oltre, e altre belle paroline utili all’ammuina. Poi, in una pausa della creatività ideologica corrente, arrivano quei numeri a ricordare che la forbice della diseguaglianza continua ad aprirsi, che i poveri aumentano (di moltissimo) e che il paese è ormai due paesi: chi ce la fa e chi non ce la fa. Con in mezzo chi ce la fa a fatica e vive nel terrore del passaggio di categoria, verso la retrocessione, ovviamente. A questi ultimi sono andati gli ottanta euro di Renzi: un po’ di ossigeno ai “quasi poveri” che un tempo si sarebbero detti ceto medio.
I numeri dell’Istat sono il solo vero discorso politico sentito in Italia negli ultimi mesi. L’unico che meriti di essere approfondito, un filino più serio dei pranzetti con Verdini, degli incontri in streaming, della pioggia di emendamenti sulla riforma della Costituzione. Un discorso che dovrebbe parlare anche a quella sinistra dispersa e bastonata che si oppone (ah, si oppone?) alle larghe e larghissime intese. Un solo punto, un solo programma, basta una riga: ridurre le distanze, attenuare le differenze, diminuire le diseguaglianze.
Le cifre dell’Istat – e le persone che mestamente ci stanno dietro – indicano l’unica vera priorità del paese, altro che Italicum. E sarebbe interessante capire, sia detto per inciso, quanti di quei milioni di nuovi poveri, assoluti o relativi, sono scivolati indietro a causa dell’affievolirsi della parola “diritti”. Parola vecchia, bollata come conservatrice. E così non è più un diritto il lavoro, non è più un diritto la casa, e di scivolata in scivolata, la povertà diventa questione privata, colpa individuale e non, come dovrebbe essere, piaga pubblica e sociale. Il “governo più di sinistra degli ultimi trent’anni” (cfr. Matteo Renzi, febbraio 2014) non solo ha altre priorità, ma pare intenzionato a intaccare alcune forme di welfare (la cassa integrazione in deroga, per dirne una) facilitando, e non contrastando, lo scivolamento verso l’indigenza di altre centinaia di migliaia di italiani. Per questo i numeri dell’Istat sono il solo vero discorso politico sentito negli ultimi tempi: dicono di come oggi una sinistra che lotti contro le diseguaglianze non esista, e di quanto invece ce ne sarebbe bisogno. Come il pane. Appunto.

Come osano!?

16 Luglio 2014 da bsìa

Quale onta! Che disonore! O, per meglio dire in slang brüsacristo, che figura di merda! 🙂 Sua_santità energicamente redarguito, non sia mai! 😳

Cosa sarebbe successo? Stando alla stampa locale1 l’Agcom ha bacchettato severamente, ahahahah 😆 , l’ex sindaco, al secolo sua_santità, per il tripudio di inaugurazioni effettuate durante la campagna elettorale e che, come da normativa, NON dovevano essere fatte. Ve la ricordate l’inaugurazione della pista ciclabile dedicata a Pantani (ma perché non a De Scalzi giovane ciclista belgioiosino morto in giovane età a seguito di un incidente)? Ve lo ricordate lo strepitoso giardino di villa Trespi fatto visitare proprio il giorno prima delle elezioni (adesso che fine avrà fatto?)? E la presentazione di un libro (che neanche mi ricordo quale fosse)?

Bene, per tutto ‘sto tripudio di iniziative pre-elettorali, che, sia detto sottovoce, gli ha permesso di vincere con appena un misero centinaio di voti, il Corecom ha obbligato la novella amministrazione a pubblicare sul sito del Comune che “non è stato rispettato l’articolo 9 della legge n. 28 del 22 febbraio 2000” per le tre summenzionate manifestazioni.Pubblico ludibrio! :mrgreen:

Orbene, cosa avrà detto sua_santità a riguardo? Avrà chiesto scusa? Si sarà cosparso la testa di cenere? Avrà detto “Mi sono sbagliato perché non so manco leggere una legge”? Non sia mai! Con il suo solito “stile” cocciutamente sostiene che si trattava di “attività istituzionale consentita“. E va oltre: “L’Agcom ha fatto una valutazione sulla base delle informazioni del consigliere Costa che continuiamo a non condividere“. Capito? Lui non condivide! Sai quanto je frega all’Agcom della sua condivisione! Naturalmente, poi e come sempre, la colpa sarebbe di quel reprobo del Costa che:

  • fa apposizione
  • avrebbe un’influenza pesantissima sull’Agcom tanto da indurla a prendere provvedimenti CONTRO di lui.

COME OSANO?

Un’ultima curiosità: nell’articolo, per ben due volte, lo Zucca viene indicato come vice-sindaco. Ma non era assessore al bilancio? Che si tratti del solito refuso? Per due volte? Speriamo che sia un refuso, perché sennò dovrà fare i conti con me e con il mio boss! 👿

  1. Inaugurazioni nel mirino” – La Provincia PAVESE – 16.07.2014 []

I “potenziali fortunati” imprenditori dell’Insubria

8 Luglio 2014 da Emilio Conti

Chi mi segue sul blog (e soprattutto su FB) è a conoscenza delle mie frequenti scorribande luganesi. Ebbene, in quella città sono in distribuzione gratuita diversi giornali, sia quotidiani che settimanali (c’è pure quello della Lega ticinese che a leggerlo giudicheremmo la nostra Lega un fulgido esempio di democrazia 😳 ). In particolare, quello che a me piace di più (ed è veramente un bel settimanale) si chiama “il caffè” ed esce la domenica, ma rimane nei distributori per alcuni giorni successivi.

Ieri era appunto il giorno di una delle suddette scorribande e, naturalmente, la prima cosa che faccio, appena arrivato, è impadronirmi dei giornali di cui sopra. Scorro l’inserto economico de “il caffè” e mi imbatto in un titolo che mi incuriosisce parecchio: “C’è un Eldorado oltre confine, basta sfruttarlo” (il caffè – 6.07.2014) che, prendendo spunto dal libro La banca Ticinese e l’impresa del Nord Italia, autori Chopard René e Garofoli Gioacchino, risulta essere un invito rivolto alle banche svizzere, ma soprattutto a quelle ticinesi, a sfruttare il fatto che, purtroppo, le banche italiane non stanno affatto aiutando le nostre imprese per quanto concerne il credito, e non solo, e a intervenire nell’economia imprenditoriale del Nord Italia, ma in particolar modo quella della c.d. Insubria (territorio che non coincide con l’Insubria storica – qui si fa riferimento solo alle provincie di Varese, Como, Lecco, Novara e Verbano-Cusio-Ossola) che conta un bacino di ben 25.000 imprese.

Avete capito bene, mentre da noi le banche non scuciono un quattrino (sia alle famiglie che alle imprese), quelle svizzere hanno capito benissimo l’opportunità che hanno di fronte (infatti l’articolista parla di “Eldorado”). Esiste però un grosso problema: per far credito a un impresa, sia di cassa che leasing e factoring, è necessaria la “valutazione del rischio” e qui diventa fondamentale la Centrale Rischi presso la Banca d’Italia, alla quale, però, guarda te le coincidenze, le banche elvetiche (straniere?) non hanno accesso.1 Se poi aggiungiamo com’è regolato il falso in bilancio in Italia, capite molto bene come funziona la lobby bancaria italiana.

Riassumendo: il banche italiane non fanno credito alle imprese; quelle svizzere capiscono che si tratta di un bel business, ma, di fatto, viene loro impedito! E chi ci va di mezzo? E poi si lamentano che la ripresa non c’è: ovvio il motivo è piuttosto evidente.

Per concludere in bellezza. Giro per Lugano e mi fermo davanti a un grande manifesto che pubblicizza l’acquisto in leasing di un’auto di una nota casa automobilistica tedesca (Mercedes – costo ca. 35.000 CHF – ca. 28.000 euro). Leggo il tasso d’interesse applicato e strabuzzo gli occhi 😯 : 2,90%!!! Adesso vi lascio con un compitino da svolgere: andate sul sito di una qualsiasi banca italiana e andate a verificare a quanto concedono un leasing.

  1. Questo però sarebbe un bell’atout che il Governo federale svizzero potrebbe giocarsi nella trattativa in corso per il rientro dei capitali; trattativa a cui tiene particolarmente (a parole?) il nostro governo. []